"Non c'è pace tra le nazioni senza pace tra le religioni. Non c'è pace tra le religioni senza dialogo tra le religioni” (Hans Küng)
di Giancarla Perotti
RUBRICA
Hans Küng ha sostenuto, con vigore e direi anche con rigore, la tesi che si può raggiungere la pace nel mondo se c’è dialogo tra le religioni. Questo pensatore del nostro tempo che ci ha lasciato il 6 aprile 2021, ha evidenziato più volte come le religioni abbiano un ruolo fondamentale nella costruzione della pace, e quindi possono favorirla od ostacolarla. Pace intesa, come convivenza civile, una convivenza non priva di conflitti, ma che s’impegna a risolverli in modo non-violento, una convivenza che è rispettosa delle differenze, ma anche attenta a non trasformarle in diseguaglianze.
Per una società caratterizzata dal pluralismo e finalizzata al bene comune, le religioni possono dare un apporto significativo e insostituibile a condizione però che siano per prime impegnate a ricercare ciò che le unisce, ciò che le accomuna, ferme restando le diversità, che pure le definiscono. Per questa ragione il dialogo interreligioso rappresenta la strada maestra, perché mette le religioni in relazione e le indirizza verso la pace, cioè mostra come concretamente si possa, pur nella diversità, essere ugualmente impegnati a trovare e attuare modalità di convivenza all’insegna di una feconda interazione; e questo, naturalmente, ha un valore non solo per le religioni, ma anche per le civiltà.
Küng, quindi, ha tematizzato in modo dettagliato il rapporto tra religioni, dialogo e pace.
Nell’Introduzione al suo libro su Cristianesimo e religioni universali, il nostro filosofo precisa che il dialogo interreligioso ha un carattere ecumenico, nel senso di mondiale, perché “l’ecumene non può restringersi alla comunione delle chiese cristiane, essa deve includere la comunione delle grandi religioni”; dunque, ecumene non in senso ecclesiocentrico, ma in senso planetario, globale. È con questo spirito che vanno evitati “un ottuso e presuntuoso assolutismo (di provenienza cristiana o islamica), che pone la propria verità come ab-soluta: staccata dalla verità degli altri” e “un relativismo superficiale e irresponsabile (di provenienza cristiana, indù e buddhista) che relativizza ogni verità e minimizza tutti i valori e tutte le norme”. Se sono insostenibili tanto il qualunquismo quanto l’indifferentismo, l’alternativa è un dialogismo, cioè una impostazione fondata su “un dialogo condotto nella reciproca responsabilità e nella coscienza che nessuno possiede la verità piena, ma tutti siamo in cammino verso la verità sempre più grande”. Proprio “questo potrebbe essere il cammino che conduce a quell’intesa tra le religioni che non vuole creare un’unitaria religione mondiale, ma piuttosto promuovere un’autentica pacificazione”.
Hans Küng, a questo proposito nella conclusione del libro citato Cristianesimo e religioni universali, ribadisce i motivi a favore del dialogo interreligioso; primo: “per comprendere sempre meglio gli altri, che ci sono contemporanei e con i quali viviamo continuamente a stretto contatto”; secondo “per comprendere meglio noi stessi, il che può avvenire soltanto sulla via del confronto”; terzo: per favorire “la convivenza, sia nazionale sia internazionale, dei popoli”. Küng ritiene che sia ormai convinzione diffusa che “la pace nel mondo dipenda dalla pace tra le religioni”, e che “esiste quindi un nesso significativo tra ecumenismo e pace mondiale”. Quindi anche la teologia può contribuire alla pacificazione del nostro mondo senza pace cioè può aiutare a evidenziare e a esaminare i conflitti, di cui sono causa le stesse religioni. Per questo il dialogo ecumenico interreligioso è un desideratum urgente anche dal punto di vista della politica mondiale. E Küng chiude il suo libro con alcune proposizioni programmatiche: “Non c’è pace tra i popoli di questo mondo senza la pace tra le religioni universali. Non c’è pace tra le religioni universali senza la pace tra le chiese cristiane. L’ecumene ecclesiale è parte integrante dell’ecumene mondiale. L’ecumenismo ad intra, concentrato sulla cristianità, e l’ecumenismo ad extra, rivolto all’intera terra abitata, sono interdipendenti”.
Nel libro sempre di Hans Küng Perché un’etica mondiale, egli sostiene che la credibilità di tutte le religioni, sta nel fatto che esse sottolineino più ciò che le unisce e meno ciò che le divide. Infatti, l’umanità non può permettersi che su questo pianeta le religioni fomentino guerre invece di promuovere pace, incoraggino il fanatismo invece di cercare la conciliazione, pratichino il predominio invece di esercitare il dialogo. Secondo Küng, il progetto per un’etica mondiale è sostenuto da quattro convinzioni fondamentali: non c’è pace tra le nazioni senza pace tra le religioni; non c’è pace tra le religioni senza dialogo tra le religioni; non c’è dialogo tra le religioni senza norme etiche globali; non c’è sopravvivenza del nostro pianeta senza un’etica globale, un’etica mondiale. Alla base di queste convinzioni c’è secondo Küng, la necessità di recuperare un elementare principio fondamentale di umanità cioè il principio secondo il quale ogni persona deve essere trattata con umanità, l’essere uomo presuppone una connessione inalienabile con la dignità umana, la quale è punto di partenza dei diritti umani universalmente riconosciuti. L’ethos mondiale, quindi, è strettamente associato alla regola aurea che è una regola comune a tutte le religioni mondiali, pertanto punto di partenza per un reale incontro fra le religioni che non possono non riconoscere la loro corresponsabilità per la pace mondiale. I presupposti per una strategia ecumenica, sono per Küng, l’autocritica indispensabile per ciascuna religione, il riconoscimento dell’umano come criterio fondamentale che porta a sostenere l’unità nella differenza, e la ricerca della verità intesa come costruzione di solide conoscenze, visto che la complessità del dialogo interreligioso esige non soltanto buona volontà e disponibilità, ma anche profonda conoscenza delle varie religioni.
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