Aperta la mostra organizzata dal comune con la produzione dell'Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale - Accademia dei Lincei ed il contributo della Regione Marche. Visitabile fino al 27 marzo alle Piccole Cisterne di Fermo in Largo Calzecchi Onesti








Redazione

FERMO
I personaggi della Divina Commedia e l’immaginario dantesco rivisitati attraverso la fortuna iconografica del poema – dai miniaturisti antichi, agli illustratori del Settecento e dell’Ottocento, fino agli artisti contemporanei – in un’innovativa messa in scena ‘immersiva’. Si intitola "Paesaggi e personaggi della Commedia. Un’iconografia digitale" la mostra aperta venerdì 25 febbraio alle Piccole Cisterne di Fermo in Largo Calzecchi Onesti e visitabile fino al 27 marzo.
 
"L'esposizione prodotta dall'ICPI-Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale-MIC Ministero della Cultura, Accademia Nazionale dei Lincei, con il contributo della Regione Marche, promossa dal Comune di Fermo e partner il Gruppo Maggioli, è un ulteriore omaggio a Dante - ha ricordato l'assessore alla Cultura Micol Lanzidei nel corso della presentazione - che fa parte di un percorso celebrativo dedicato al Sommo Poeta che in modo suggestivo, originale e curioso ci fa conoscere meglio e da vicino personaggi e vicende della Divina Commedia, ammirandone e comprendendone sempre più la bellezza e la ricchezza culturale. Assessore che ha ringraziato i curatori Roberto Andreotti e Federico De Melis, il prof. Leandro Ventura, Direttore dell’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale del Ministero della Cultura, la Regione Marche, per il progetto e design la openlabcompany.com e Francesco De Melis per le musiche.
 
Come per altre iniziative espositive dell’Accademia Nazionale dei Lincei a Roma, dedicate alla biblioteca letteraria, culturale e filosofica di Dante, sono state allestite all’interno delle Piccole Cisterne alcune ‘camere oscure’ multi-sensoriali (gli ‘holobox’), al cui interno il visitatore potrà fare esperienza di alcuni paesi celebri della Commedia immergendosi nella simultaneità di immagini, musiche e suoni montati attraverso varie tecniche digitali, tra le quali figura il cosiddetto fantasma di Pepper, sorta di ologramma ante-litteram che risale al teatro del Seicento. Il percorso, concepito per ‘stazioni’, mira a proporre così una fruizione multimediale, basata sulle riproduzioni delle opere che artisti di ogni epoca hanno dedicato ai Canti, ai luoghi e ai personaggi della Commedia, commentate e contrappuntate da un commento uditivo originale (fonosfera).
 
Il progetto si inserisce in un percorso di studi, sperimentazione e allestimenti ideato e promosso come nuova forma di valorizzazione del patrimonio immateriale da un team costituito dal direttore Prof. Leandro Ventura e dal personale scientifico dell’ICPI (Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale), dagli exhibition designers di OpenLab Company, dai tecnici e consulenti di Glocal Project Consulting e dal regista etnomusicologo e videoartista Francesco De Melis. Sviluppando il lavoro avviato nei mesi scorsi e sperimentando forme innovative di rielaborazione e restituzione della documentazione visiva finora acquisita, il team ne propone la fruizione in forma di “visioni contemporanee dell’immateriale”. Una progettualità finalizzata alla valorizzazione della cultura italiana e dell’espressione artistica legata alla cinematografia e all’audiovisivo, nella particolare declinazione della documentaristica di carattere antropologico, in dialogo con l’arte e la video arte contemporanee, con l’utilizzo di tecnologie fortemente innovative quali l’immersività, il circondamento sonoro, la realtà virtuale, la realtà aumentata. Un percorso che da quest’anno si fonderà con il palinsesto formativo aperto all’Università degli studi di Roma La Sapienza con il Corso di Laurea Magistrale / Master in “Design Comunicazione Visiva e Multimediale / Design, Multimedia & Visual Communication”.
 
Uno sguardo al percorso
 
La vicenda tragica di Paolo e Francesca nel Canto V dell’Inferno (i lussuriosi), che godette di una influente lettura romantica di grande fortuna anche scolastica, e che una leggenda popolare vuole sia stata consumata nella rocca del castello di Gradara – dove i due amanti furono uccisi da Gianciotto (marito di Francesca e fratello di Paolo Malatesta) -, viene contrassegnata da una sequenza di letture in cui spiccano fra gli altri artisti francesi: Gustave Doré, con le sue didascaliche incisioni fedeli alla lettera del testo; Jean-Auguste-Dominique Ingres e Auguste Rodin che isolarono il momento culminante della passione proibita tra i due amanti (il bacio galeotto) in modo del tutto differente: composto, “cortese” e classicistico il pittore; “scandaloso” e carnale lo scultore – per il quale la prima cantica del poema dantesco costituì un vero e proprio rovello esistenziale e artistico, testimoniato dall’incompiuta Porta dell’Inferno a cui lavorò per più di trent’anni, sino alla morte.
 
Il Canto di Ulisse (Inferno, XXVI), l’eroe omerico collocato tra i consiglieri fraudolenti, la cui pena consiste dell’essere per sempre incapsulati nelle fiamme (come vide più fantasiosamente di tutti William Blake): ma il sottotesto della vicenda di Ulisse è soprattutto il confronto fra il personaggio antico e Dante stesso, sotto il segno della vertigine del conoscere. Così il montaggio visivo-sonoro dell’«ultimo viaggio» che portò Ulisse a varcare le proibite Colonne d’Ercole per eccessivo ardore di conoscenza intende suggerire questo testa-a testa, a partire dalle rappresentazioni di Henry De Groux (intenso ritratto del poeta) e di Arturo Martini (scultura di Ulisse), che danno idealmente il via ad alcune letture psicologiche del dramma di Ulisse, come quelle dell’austriaco Alexander Rothaug e dello svizzero Arnold Böcklin, il quale più di tutti sembra cogliere il suo ‘sentimento oceanico’ (non Itaca, ma Gibilterra). Fino alla scena finale dell’episodio dantesco, con il vortice che inghiotte il «legno» e tutti i naviganti, come nel disegno letterale di Duilio Cambellotti.
 
Nella ‘capsula’ dedicata a Giustiniano (Paradiso, Canto VI), l’imperatore e legislatore bizantino brilla soprattutto nell’oro dei mosaici sfolgoranti della corte di Ravenna; mentre la figura altissima di San Francesco (Paradiso, Canto XI) è rivisitata a partire dalla lettura di Giotto, incorniciata nei paesaggi mistici dell’artista francese Marie-Charles Dulac, un caso di “sanità” artistica nel seno del simbolismo francese.
 
All’interno degli “holobox” anche i materiali collegati la mostra “La biblioteca di Dante” e le incisioni di Bartolomeo Pinelli dedicate alla Divina Commedia, messe a disposizione dall’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale.
 
Curatori della Mostra: Roberto Andreotti, Federico De Melis
Musiche: Francesco De Melis
Voci femminili: Tiziana Cossignani, Marina Cristofalo, Deborah Italia
Chitarre: Lorenzo Masini e Zaccaria Barraco
Pianoforte: Enrico Zanisi
Organo: Alberto Pavoni
Dilruba: Silvia Stabile
Drammaturgia visiva: Francesco De Melis, Luca Ruzza
 
Consulenza scientifica, iconografica, co-produzione:
Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale - Direzione: Leandro Ventura;
Gabinetto delle Stampe - Responsabile: Anna Sicurezza;
Archivio di Antropologia Visiva - Responsabile: Stefania Baldinotti;
Riproduzioni fotografiche: Massimo Cutrupi.
 
Produzione: OpenLab Company S.r.l.
Design: Laura Colombo & Luca Ruzza;
Digital interaction system & programming: David Cabrera Dalmazzo;
Video & Graphic Design: Natan Andrea Ruzza;
Stop motion & 2D video animation: Vincenzo Maselli;
Editing: Zaccaria Barraco.
 
Falegnameria: Fabrizio Giannotti;
Light design: Bernardo Vercelli;
Sistema di controllo: OCS Gabriele Mantovani;
Logistica & Amministrazione: Benedetta Mantovani;
Setup: Zeno Maria e Natan A. Ruzza, Bernardo Vercelli e Vincenzo Maselli;
Opere in ferro: Francesco Leoni.
 
Orario di apertura della mostra: dal venerdì alla domenica ore 15:30 – 20:00







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