Nell’anno in cui ricorre il cinquantesimo anno dalla morte di Jacques Maritain, la professoressa Giancarla Perotti continua la riflessione su altre due categorie molto care al pensatore francese: verità e libertà nella riflessione di Jacques Maritain



A cura di Giancarla Perotti

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Il grande pensatore francese ha trovato la definizione del concetto delle due categorie a lui più care: Verità e libertà, prima di tutto nella sua esperienza esistenziale, prima ancora che nella riflessione filosofica.

Nel suo testo Per una politica più umana scrive: "Certamente se ci fosse una salvezza fuori della Verità, non vorrei questa salvezza, perché amo più la Verità della mia gioia e della mia libertà, o piuttosto so bene che la Verità sola può fare la mia gioia e la mia liberazione".

Raissa ricorda nel suo libro I grandi amici la fatica della ricerca della verità: “Questa filosofia della verità, questa verità ardentemente cercata, così invincibilmente creduta, era ancora per noi una specie di Dio sconosciuto; le riservavamo un altare nel nostro cuore, l’amavamo ardentemente senza conoscerla; fin da principio le riconoscevamo ogni diritto su di noi, sulla nostra vita. Ma non sapevamo ciò che essa sarebbe stata, per quale via, con quali mezzi poteva essere conosciuta. Si sarebbe levata come il sole, per una lunga giornata di felici scoperte? O come la luna, per non rischiarare che la notte delle nostre miserie? Sarebbe stata come un cielo stellato, luce e tenebre insieme? Noi non lo sapevamo”.

Maritain nel 1966 in uno dei suoi ultimi libri Il contadino della Garonna, tratta del rapporto verità/libertà in un intero paragrafo, ed è proprio da questo paragrafo che cercherà di ricostruire la riflessione filosofica sulla relazione essenziale tra la soggettività della libertà e l’oggettività della verità, che l’intelligenza deve mediare. Infatti, l’intelligenza diventa intelletto solo quando ha intelletto gli intelligibili, ed è in questo senso che la verità ci rende liberi. E per Jacques la fenomenologia contemporanea, ha rinunciato alla intuizione dell’essere. Il filosofo ne Il Contadino della Garonna, analizza la crisi della cultura contemporanea, che per logofobia “ha rinunciato a pensare secondo le regole della logica, fermandosi alla opinione cangiante, e per cronolatria epistemologica si accontenta dell’effimero che passa, perché non ammette verità universali e definitive”.

L’uomo non può inventare o costruire la verità, ma la può percepire nella sua realtà, la riconosce nella sua coscienza, ponendo il soggetto conoscente di fronte all'oggetto conoscibile, affinché la verità come relazione tra il pensiero e l'essere possa essere colta dallo spirito umano, nella cui profondità il conoscibile si fa conoscenza. L'intelligenza è fatta per l'essere, ha bisogno dell'essere intelligibile per divenire intelletto e nell'intelletto soggetto e oggetto si identificano intenzionalmente, e l'uomo può conoscere le cose come stanno e può liberamente regolare il suo comportamento secondo verità.

È interessante ricordare che anche Giovanni Paolo II nelle encicliche Veritatis splendor del 1993 e Fides et ratio del 1998 mette in evidenza la relazione tra il soggetto e l'oggetto, tra la coscienza e la verità, per risolverla nell'unità della persona. Nel 1925, Maritain, in Théonas, dialogo tra un sapiente e due filosofi scrive riguardo l’intelligenza: “è fatta per l'essere, è tesa interamente verso l'oggetto, verso l'altro in quanto altro, e se ha bisogno del contatto dominatore dell'oggetto, è per arricchirsi di lui con un'azione vittoriosa che nasce dalla sua spontaneità vivente e dalla sua autonomia”. Quindi secondo il filosofo non basta esercitare l’intelligenza, ma bisogna soddisfare l'intelligenza, mediante un'educazione intenzionale e non soltanto funzionale e l'intelligenza è soddisfatta solo quando ha potuto conoscere la verità, gustare il sapore della verità. Le attività della ragione con i suoi giudizi e la sua analisi critica hanno senso e valore solo in quanto ci aiutano a scoprire la verità. E Maritain precisa ancora "L'intelligenza ha per suo fine l'essere intelligibile, per bisogno essenziale l'evidenza, o almeno la certezza, e non è che per raggiungere questo scopo che essa usa del mezzo della dimostrazione; essa ha bisogno di convinzioni, più che di spiegazioni, essa ha bisogno della realtà più che del discorso". Maritain non nega l'importanza della logica, ma non accetta una “ragione puramente discorsiva", perché padroneggiare i processi psicologici, capire i processi logici, è meno importante di comprendere la realtà nelle sue multiformi manifestazioni; si deve capire con lo scopo di comprendere, con l'intenzione di conoscere la verità, attraverso i diversi gradi del sapere, dalle scienze fisico-matematiche alle scienze filosofiche, fino alla saggezza teologica e alla saggezza mistica.

E quanto sfugge all’intelligenza non solo non è irreale, ma è raggiungibile per altre vie che non sono quelle dell'intelletto. Così vi è una conoscenza infraintelligibile, come le scienze fisico-matematiche che costruiscono delle ipotesi sulla realtà materiale, ipotesi che continuamente cambiano per l'innovazione tecnologica degli strumenti di ricerca. Maritain chiama questa conoscenza perinoetica, perché come il perimetro, e la periferia di una città, avvolgono e circondano la città, così queste scienze naturali e matematiche avvolgono e circondano l'essere, ma non lo possono raggiungere. Dall'altra parte, al di sopra della filosofia, anche il mistero di Dio è impenetrabile, ma se l'Assoluto, Colui che è, si rivela all'uomo, si può avere una conoscenza sovrintelligibile, per cui l'uomo può entrare in relazione con Dio. Maritain chiama questo grado di conoscenza, della teologia e della mistica, ananoetica, perché non è questione di intelligenza, ma di fede. Per il nostro pensatore solo ciò che è intelligibile è oggetto della filosofia, che è la più importante tra delle scienze umane. Ciò che sta al di sopra di questo livello che continuamente progredisce, perché più lo si conosce e più resta da conoscere, è oggetto delle scienze divine, mentre ciò che sta al di sotto di questo livello, e continuamente regredisce, è oggetto delle scienze naturali. La nostra intelligenza si arresta davanti alla troppa luce della Divinità e alla troppa tenebra della materia, può concettualizzare solo ciò che è alla sua portata, il resto è oggetto di esperienza naturale o di esperienza mistica.

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