Nel corso della sua vita, Nietzsche ha viaggiato molto, trascorrendo del tempo sia in Svizzera che in Italia, dove ha trovato ispirazione per molte delle sue opere. È conosciuto soprattutto per concetti come la "volontà di potenza", il "superuomo" e la "morte di Dio"
di Giancarla Perotti
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Friedrich Nietzsche presso il Caffè Fiorio di Torino nell’autunno del 1888 scriveva il libro Ecce Homo. Come si diventa ciò che si è. Questo libro contiene la storia della sua vita, storia si può dire, tragica della sua esistenza. Egli si recava in questo bar di Torino, caffè storico, abituale ritrovo di nobili all’epoca della restaurazione, e in seguito dei maggiori intellettuali e politici del Risorgimento. Ancora oggi è apprezzato ritrovo dei torinesi e dei turisti.
La vita di Friedrich Nietzsche è stata ricca di avventure intellettuali e sfide personali. Nato il 15 ottobre 1844 a Röcken, in Germania. Suo padre era un pastore luterano quindi Friedrich è cresciuto in un ambiente religioso. Ha mostrato un'intelligenza eccezionale fin da giovane e ha studiato filologia classica all'Università di Bonn e successivamente all'Università di Lipsia. Dopo aver ottenuto il dottorato, Nietzsche ha lavorato come professore universitario, ma ha presto abbandonato la carriera accademica per motivi di salute. Ha sofferto di problemi di salute per gran parte della sua vita, inclusa la miopia e gravi mal di testa. Nel corso della sua vita, Nietzsche ha viaggiato molto, trascorrendo del tempo sia in Svizzera che in Italia, dove ha trovato ispirazione per molte delle sue opere. È conosciuto soprattutto per concetti come la "volontà di potenza", il "superuomo" e la "morte di Dio".
La sua opera più famosa è Così parlò Zarathustra, in cui esprime le sue idee sulla filosofia, la morale e la condizione umana. È morto il 25 agosto 1900, dopo aver trascorso gli ultimi anni della sua vita in una condizione di completa incapacità mentale. Il filosofo ha insegnato filologia a Basilea fino a 35 anni poi ha cominciato a star male e dal quel momento era diventato una specie di viandante viaggiava tra la riviera francese anche un po’ quella italiana. È stato a Rapallo, Ruta, Portofino, Engadina, San Maurizio e in questi luoghi passeggiava con dei libri, pensava, prendeva appunti, tra l’altro era semi cieco.
Scriveva libri di aforismi che a quell’epoca non interessavano a nessuno e che tra l’altro doveva pubblicare a proprie spese. Nel 1888 Nietzsche era arrivato a Torino per caso e subito le era piaciuta tantissimo, era al termine di una crisi estrema uno potrebbe dire di mezza età, nato nel 1844 quindi aveva 44 anni, tipico momento di crisi a mezza età, fa il bilancio di ciò che ha fatto nella sua vita e in effetti da un certo punto di vista lui non aveva fatto nulla. Era diventato professore poi si era dimesso. Non aveva né moglie né figli, non aveva nessuno. I pochi amici che aveva a poco a poco si erano dileguati anche perché scriveva delle lettere esaltate dandosi le arie da grande filosofo, per pubblicare i suoi libri doveva pagare lui l’editore e a questo punto nell’autunno del 1888 avviene il crollo.
Egli comincia a stare peggio, sempre peggio e tra Natale e i primi di gennaio 1889 Nietzsche impazzisce scrive una lettera spaventosa per la sua visionarietà a un collega di Basilea Jacob Burckhardt il quale va da Franz Overbeck amico di Nietzsche dicendogli che l’amico filosofo è impazzito. Overbeck prende il treno va a Torino va dal giornalaio Davide Fino in piazza Carlo Alberto poco distante dal bar Fiorio trova il filosofo che sta suonando un’aria di Wagner, infatti era stato grande amico del musicista Richard Wagner, musicista dell’800. Nietzsche mostra una foto di Wagner a Overbeck dicendogli che conosce la persona della foto, l’amico gli si avvicina e si abbracciano e il filosofo si mette a piangere. Poi in treno lo accompagnano in manicomio. Durante il viaggio gli mettono
un berretto da notte per non fargli vedere la faccia in quanto faceva tante smorfie ridicole, ne parla lui stesso nelle lettere esaltate che partono negli ultimi giorni. Vivrà in manicomio tra Basilea e Jena, poi l’ultimo tempo lo vivrà libero nella casa a Weimar dove la sorella aveva iniziato a mettere tutti i suoi scritti iniziando a fare un archivio delle opere. Dopo che è impazzito vivrà in uno stato sempre di decadenza psichica maggiore fino alla morte. (https://www.youtube.com/watch?v=VD721XyMAJA).
Il Friedrich Nietzsche sconosciuto che si è ammalato tra il 1888 e il 1889 che non ricorda più nulla di sé, neppure il suo nome, diventa famoso alla sua morte. Quando muore Gabriele D’annunzio scrive un poema di 491 versi, In morte di un distruttore. Nel 1920, Nietzsche diventerà autore di riferimento come Tomas Mann, negli anni trenta poi ci sarà il nazismo che si ispirerà a Nietzsche per molte delle sue dottrine destino stranissimo da una parte uomo solo, malato dall’altra conosciuto da tutti dopo la morte. Oggi ci vogliamo soffermare sull’opera Anticristo (Der Antichrist) è uno dei lavori più polemici di Friedrich Nietzsche, in cui critica aspramente il cristianesimo e presenta la sua visione di un'alternativa morale e filosofica.
Nietzsche considera il cristianesimo come una religione che ha corrotto e avvelenato la cultura occidentale. Egli accusa il cristianesimo di promuovere ideali di debolezza, sottomissione e negazione della vita, in opposizione ai valori di forza, affermazione di sé e vitalità. Scrive il filosofo in suddetta opera “Il cristianesimo è la più grande piaga e il più grande inganno mai esistiti sulla terra". Ancora “La vera morale è stata unicamente posseduta dagli aristocratici: gli aristocratici sono sempre stati gli uomini valorosi, gli uomini splendidi".
Altro tema tratto da Anticristo è la morte di Dio l’autore intende che la fede in Dio e nella religione cristiana ha perso la sua forza e influenza sulla cultura europea. Questo concetto è centrale nella sua critica al cristianesimo, poiché ritiene che la morale cristiana sia diventata obsoleta e dannosa. “La parola 'Dio' è stata finora la più grande offesa fatta all'umanità". Nietzsche in tale opera ha dichiarato: “Io affermo: il mondo ha ora di fronte a sé la sua più lunga e più terribile crisi; ma la scelta 'Dio è morto', che deve ora incominciare a manifestarsi attraverso di me, annuncia se stessa come il più grande evento a venire". Il filosofo espone un altro concetto la volontà di potenza come visione alternativa della morale. Questo concetto si riferisce alla forza vitale e all'energia creativa che guida l'individuo verso la realizzazione di sé e verso la creazione di nuovi valori. Egli sostiene che questa volontà di potenza dovrebbe essere l'elemento guida per la vita umana, anziché la sottomissione a valori tradizionali religiosi o morali. Egli contesta la morale cristiana che promuove la pietà e la compassione verso i deboli e i sofferenti, considerandola come una forma di schiavitù e debolezza. Egli sostiene invece l'importanza della forza, della gioia di vivere e della realizzazione di sé come valori fondamentali per l'umanità.
Le affermazioni di Nietzsche sono controverse e provocatorie, specialmente in contesto religioso e morale. Le sue opere le possiamo intendere come una sfida alle convinzioni tradizionali e come un invito a una profonda riflessione filosofica sulla condizione umana.
Tuttavia, l'affermazione che le sue idee "contraddicono la verità" per alcuni critici è una questione complessa e soggettiva. Nietzsche è stato uno dei filosofi più influenti del XIX secolo e le sue opere hanno avuto un impatto duraturo sulla filosofia, la letteratura e la cultura. Anche se le sue opinioni possono essere discordanti e provocatorie, la loro valutazione richiede un esame critico e contestuale.
Molti considerano che la filosofia di Nietzsche spesso si concentra sulla natura soggettiva della verità stessa, suggerendo che la verità è relativa e dipende dalle prospettive individuali e culturali. Pertanto, le sue affermazioni vanno interpretate nel contesto della sua filosofia complessiva e del suo intento provocatorio e critico. Ma questa considerazione non è esatta perché la verità non è relativa, ma esiste una verità oggettiva.
Se si definisce la verità come concezione della verità soggettiva significa riconoscere in apparenza l'esistenza della verità, ma in realtà farla scomparire, avendo negato il suo contenuto oggettivo; così la verità diventa un concetto vuoto. Ogni verità è oggettiva. Verità e verità oggettiva non sono due diverse realtà, ma una identica cosa. Non riconoscere la verità oggettiva significa non riconoscere la verità. Il fondamento della verità è l'oggettività; non c'è verità separata dall'oggettività. La verità è la ragione della scienza poiché riflette con esattezza la realtà oggettiva. Ad esempio, l'esistenza del globo terrestre prima dell'apparizione del genere umano - studiata dalle scienze della natura - è una verità oggettiva che ognuno di noi può comprendere col cervello e con buon senso. Anche la tavola periodica degli elementi scoperta da Mendeleiev è una verità oggettiva: si tratta di riflessi fedeli della realtà oggettiva.
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