La rubrica della professoressa Giancarla Perotti sul tema della shoah e sulla deportazione Edith Stein nel campo di Auschwitz, dove morì il 9 agosto 1942
di Giancarla Perotti
RUBRICA
Edith Stein è nata il 12 ottobre 1891 in una famiglia ebraica da Sigfrido e Augusta Courant, entrambi ebrei, a Breslavia, oggi in Polonia. I genitori possedevano un'attività commerciale di legname, prima a Lubliniec e poi a Breslavia, dove appunto nacque Edith, ultima delle cinque figlie e dei due figli della famiglia, la quale nel luglio del 1893 si vide improvvisamente privata del capofamiglia, morto per insolazione, come narra la stessa Edith.
Fu la mamma Augusta a sobbarcarsi l'impegno di prendersi cura dei suoi figli prendendo personalmente le redini dell'azienda. Edith, ricorda la madre come una donna instancabile e coriacea, forte di carattere e molto abile negli affari. Ella sin da bambina si dimostrò per gli studi molto intelligente, ma tra i 15 e i 16 anni prese la decisione di non frequentare più la scuola e si trasferì ad Amburgo presso la sorella Elsa dove rimase circa un anno dedicandosi alla lettura di libri di letteratura antica e moderna, anche la filosofia attirava la sua attenzione, il cui studio però la diresse a un dichiarato ateismo. Presto cambiò idea riguardo alla scuola e riprese gli studi dando un esame da privatista per recuperare gli anni persi riprendendo così le compagne all’ultimo anno scolastico tanto da arrivare alla maturità.
Edith Stein ha studiato filosofia sotto la guida del filosofo Edmund Husserl, il fondatore della fenomenologia, all'Università di Friburgo. La fenomenologia ha avuto un'influenza significativa sulla filosofia e sulla sua visione del mondo di Edith. L’interesse sviluppato per la filosofia le fa abbandonare la pratica religiosa, da cui la madre l’aveva iniziata, tanto da far presagire un futuro all’insegna del puro razionalismo anziché un cammino di santità. Come la filosofa descrive nella sua opera Il problema dell'empatia, la grazia l’aspettava proprio nei meandri del pensiero filosofico: “avviatasi sulla strada della corrente fenomenologica, ella seppe cogliervi l'istanza di una realtà oggettiva che, lungi dal risolversi nel soggetto, ne precede e misura la conoscenza, e va dunque esaminata con un rigoroso sforzo di obiettività. Occorre mettersi in ascolto di essa, cogliendola soprattutto nell'essere umano, in forza di quella capacità di empatia, parola a lei cara, che consente in certa misura di far proprio il vissuto altrui”. (Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio per la proclamazione di Santa Teresa benedetta della croce compatrona d’Europa di Giovanni Paolo II).
Se si presenta la figura di Edith non si può non parlare della sua teologia della croce, influenzata dalla sua esperienza personale, dalla sua formazione filosofica e dalla sua fede cristiana, si basa sulla convinzione che la sofferenza e la croce siano centrali nella vita spirituale e nel cammino verso la santità. Stein concepisce la croce non solo come un simbolo di sofferenza e sacrificio, ma anche come un mezzo di redenzione e un'espressione suprema dell'amore di Dio. La sua teologia della croce riflette profondamente la tradizione cristiana, in particolare l'insegnamento di San Paolo sull'unità dei credenti con Cristo attraverso la partecipazione alla sua croce e alla sua risurrezione.
Nella sua opera The Science of the Cross e in altri scritti, Stein sottolinea l'importanza di abbracciare la croce come parte integrante della vita cristiana. Ella sostiene che la sofferenza può diventare un'opportunità per unire le proprie sofferenze a quelle di Cristo, partecipando così alla sua opera redentrice. La croce diventa quindi un luogo di incontro con Dio e di trasformazione interiore. Inoltre, Stein incoraggia i credenti a vedere la sofferenza non come un male da evitare, ma come un'opportunità per crescere nella fede, nella speranza e nell'amore. Lei stessa ha vissuto questa prospettiva nella sua vita, accettando la sua persecuzione nazista come una forma di unione con Cristo che ha offerto come un atto di amore e sacrificio. La teologia della croce di Edith Stein è profondamente radicata nel mistero della sofferenza e della redenzione cristiana, e offre una visione spirituale che può illuminare e ispirare coloro che affrontano le sfide della vita con fede e speranza.
Tutto in lei esprime il travaglio della ricerca e della fatica del pellegrinaggio esistenziale. Anche dopo essere approdata alla verità nella pace della vita contemplativa, ella dovette vivere fino in fondo il mistero della Croce.
Fu in questa tensione di ascolto e riflessione che conobbe, da una parte le testimonianze dell'esperienza spirituale cristiana di santa Teresa d'Avila e di altri grandi mistici, dei quali divenne discepola, dall'altra l'antica tradizione del pensiero cristiano consolidata nel tomismo. Fu così che giunse dapprima al battesimo e poi alla scelta della vita contemplativa nell'ordine carmelitano. Il suo itinerario esistenziale piuttosto movimentato, scandito, oltre che dalla ricerca interiore, anche da impegni di studio e di insegnamento, lo svolse con ammirevole dedizione. Si dedicò alla promozione sociale della donna. La donna. Il suo compito secondo la natura e la grazia libro dalle pagine molto penetranti dove esplora la ricchezza della femminilità e la missione della donna sotto il profilo umano e religioso.
Dopo la sua conversione al cattolicesimo nel 1922, Edith Stein ha integrato la sua fede con la sua formazione filosofica. Ha scritto su temi che vanno dalla filosofia dell'educazione alla metafisica, e ha cercato di mostrare come la filosofia e la fede cristiana potessero coesistere in modo armonioso. Pur divenendo cristiana non ripudiò le sue radici ebraiche, anzi le riscoprì in pienezza, ma questo non la privò delle incomprensioni dei suoi familiari soprattutto la madre.
In realtà, tutto il suo cammino di perfezione cristiana si svolse all'insegna non solo della solidarietà umana con il suo popolo d'origine, ma anche di una vera condivisione spirituale con la vocazione dei figli di Abramo, segnati dal mistero della chiamata e dei «doni irrevocabili» di Dio. Infatti fece propria la sofferenza del popolo ebraico soprattutto nella feroce persecuzione nazista che resta una delle macchie più oscure e vergognose dell'Europa del nostro secolo. Sentì allora che, nello sterminio sistematico degli ebrei, la croce di Cristo veniva addossata al suo popolo e visse come personale partecipazione a essa la sua deportazione ed esecuzione nel tristemente famoso campo di Auschwzitz-Birkenau. Il suo grido si fonde con quello di tutte le vittime di quella immane tragedia, unito però al grido di Cristo, che assicura alla sofferenza umana una misteriosa e perenne fecondità. La sua immagine di santità resta per sempre legata al dramma della sua morte violenta, accanto ai tanti che la subirono con lei. E resta come annuncio del Vangelo della Croce, con cui si volle immedesimare nel suo stesso nome di religiosa.
Il titolo di compatrona d’Europa, insieme a Santa Caterina da Siena, vuole significare rispetto, tolleranza, accoglienza doti queste che invita uomini e donne a comprendersi e ad accettarsi al di là delle diversità etniche, culturali e religiose, per formare una società veramente fraterna. Il papa Giovanni Paolo II afferma: “Teresa Benedetta della Croce ... non solo trascorse la propria esistenza in diversi Paesi d'Europa, ma con tutta la sua vita di pensatrice, di mistica, di martire, gettò come un ponte tra le sue radici ebraiche e l'adesione a Cristo, muovendosi con sicuro intuito nel dialogo col pensiero filosofico contemporaneo e, infine, gridando col martirio le ragioni di Dio e dell'uomo nell'immane vergogna della "shoah". Ella è divenuta così l'espressione di un pellegrinaggio umano, culturale e religioso, che incarna il nucleo profondo della tragedia e delle speranze del continente europeo”
Dice gioiosa Edith nel “Dialogo notturno”: “La Chiesa vidi nascere dal seno del mio popolo. Dal suo Cuore spuntare vidi poi, come tenero tralcio allor fiorito, l’Immacolata, la tutta Pura, di David discendente”. E “nel cuore della Vergine”, figlia d’Israele, “dal Cuore di Gesù vidi fluire la pienezza di grazia”.
Eppure Edith conserva ammirazione per la fede della mamma, non per puro istinto di affetto filiale, ma per la radicata convinzione che Dio opera anche oltre i confini della Chiesa, opera anche nelle altre religioni.
Edith Stein dopo la sua conversione al cattolicesimo e l’ingresso nel Carmelo nel 1933 prese il nome di Santa Teresa Benedetta della Croce.
Nel 1998, Papa Giovanni Paolo II, l'ha canonizzata come santa della Chiesa cattolica. Edith è considerata una delle figure più significative del pensiero cristiano del XX secolo e una delle poche donne filosofe di rilievo nella storia della filosofia.
Nel 1942 Edith Stein, insieme a sua sorella Rosa, fu arrestata e inviata al campo di concentramento di Auschwitz, dove morì il 9 agosto 1942.
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