In un territorio che da sempre fa dell’artigianalità e della piccola impresa il proprio fiore all’occhiello, la costante diminuzione del numero di imprese ha raggiunto livelli estremamente preoccupanti e, anno dopo anno, il confronto con le annualità precedenti appare impietoso
Redazione
ASCOLI PICENO
Sono numeri tutt’altro che incoraggianti quelli fatti registrare dalla demografia d'impresa nel Piceno, che alle porte del nuovo anno si trova a vivere uno dei periodi più complessi di sempre.
In una tendenza piuttosto evidente già da diversi mesi, sono sempre di più le aziende costrette ad abbassare per sempre la serranda, rimpiazzate in maniera evidentemente non sufficiente da nuovi giovani imprenditori, comprensibilmente in difficoltà di fronte a delle dinamiche economiche e occupazionali che impongono delle serie riflessioni.
In un territorio che da sempre fa dell’artigianalità e della piccola impresa il proprio fiore all’occhiello, la costante diminuzione del numero di imprese ha raggiunto livelli estremamente preoccupanti e, anno dopo anno, il confronto con le annualità precedenti appare impietoso.
Stando all’ultima rilevazione della Camera di Commercio datata 30 novembre 2024, infatti, le imprese attive nella provincia di Ascoli sono 18.735, venti in meno del mese di ottobre e ben 482 in meno rispetto alle 19.217 attestate a novembre 2023 (-2,5%). Volendo ampliare l’orizzonte fino ad arrivare al novembre 2021 e alle 20.784 aziende di allora, invece, il crollo imprenditoriale assume livelli ancora più evidenti, raggiungendo quota 2.049 imprese perse nel giro di 3 anni. Da allora, in media, il Piceno ha assistito alla chiusura di quasi due aziende al giorno, attività perse e mai rimpiazzate, con gravi ripercussioni sulla vita familiare, sociale ed economica del territorio.
Tra i settori più in crisi, specie nell’ultimo anno, spiccano il (-5,4%) fatto registrare dal commercio con 227 attività commerciali in meno (da 4.168 a 3.941) rispetto al novembre 2023, il (-4,3%) del manifatturiero, complice anche la grave crisi del settore moda (-83 aziende, con una diminuzione pari al -4,3%), e il comparto ristorazione e accoglienza, con un calo del (3,8%), frutto della perdita di 60 aziende. I pochi segnali incoraggianti arrivano dai settori che, per natura, sono più vicini alle istanze di innovazione che da sempre la Cna di Ascoli promuove: i servizi di informazione e comunicazione (+2,3%) e le attività professionali, scientifiche e tecniche (+2,3%).
La situazione a livello regionale non è di certo migliore. Al 31 ottobre 2024, le imprese attive erano 131.604, 14.781 in meno rispetto al dato dell’ottobre 2021, quando le Marche potevano contare su 146.385 attività (-10,1%). Non è un caso, dunque, che da ottobre 2022 a ottobre 2024 le Marche siano state, mese dopo mese, la prima regione in Italia per diminuzione del numero di imprese attive, con un picco massimo fatto segnare a maggio 2024 con un (-5,7%). La media, in questo caso, è di 1.202 imprese perse al mese, e di circa 40 ogni giorno.
In un quadro di per sé già piuttosto negativo, la chiusura annunciata da Beko Europe per lo stabilimento di Comunanza, costituisce un altro serio motivo di preoccupazione per il tessuto imprenditoriale locale.
Nonostante l’impegno dimostrato dal Mimit e dal governo nel ribadire ai vertici di Beko Europe la necessità di un piano industriale ambizioso in termini di produttività, occupazione e continuità di investimento, il tavolo andato in scena nel pomeriggio di ieri al ministero delle imprese e del made in Italy, non ha sortito gli effetti sperati e, in assenza di sostanziali passi avanti, centinaia di famiglie di Comunanza, ma anche delle aree interne e di tutto il Piceno, dovranno convivere con una forte incertezza in queste ultime settimane dell’anno.
Qualora Beko Europe non dovesse rispondere positivamente alle sollecitazioni del ministro Urso, sarà indispensabile che le istituzioni mettano in campo tutte le soluzioni a disposizione, tra cui la Golden power, per far fronte a un’emergenza che coinvolge drammaticamente non solo il piano occupazionale, ma anche quello economico e sociale di tutta la provincia di Ascoli.
Il rischio chiusura con cui lo stabilimento Beko di Comunanza si trova a fare i conti rientra, purtroppo, in una crisi industriale più ampia, confermata dai dati Istat relativi al mese di ottobre, diffusa su tutti i settori e resa particolarmente evidente anche dalle gravi tensioni che si registrano nel comparto automobilistico. Con tutta probabilità, è l’andamento negativo sul fronte delle esportazioni ad aver inciso in maniera significativa su un calo che, su base annua, ha raggiunto il (-3,6%) dopo la ventunesima riduzione consecutiva.
«Un territorio come il nostro, in un Paese che da sempre fa della manifattura un valore aggiunto, deve invertire al più presto la rotta per scongiurare ripercussioni potenzialmente devastanti sul tessuto economico e sociale - dice Francesco Balloni, direttore della Cna di Ascoli -. La costante perdita di imprese, in particolare tra le piccole e medie realtà che hanno sempre rappresentato il cuore pulsante del nostro territorio, mette in evidenza una crisi che non è solo numerica, ma ha anche un impatto devastante sulla vita delle persone e sul benessere delle nostre comunità. La difficoltà di attrarre giovani imprenditori, legata a un contesto economico sempre più instabile, impongono un intervento urgente, e in questo senso l'annuncio della chiusura dello stabilimento Beko di Comunanza è l'ennesimo campanello d'allarme. Al di là di un’eventuale applicazione della Golden power, chiediamo con forza che le istituzioni mettano in campo tutte le soluzioni necessarie per garantire continuità alle imprese e la salvaguardia dei posti di lavoro. Solo attraverso un'azione congiunta potremo affrontare questa crisi e costruire un futuro più solido per il nostro territorio».
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