La nostra rubrica “esercitare il pensiero” condotta dalla professoressa Giancarla Perotti compie il suo primo anno di vita. La redazione è molto soddisfatta dall’interesse che ha ottenuto, interesse che è stato dimostrato dalle numerose visualizzazioni, che si concretizzavano nel giro di 2 o 3 ore. Abbiamo avuto l’impressione che i nostri lettori aspettassero il nuovo articolo con impazienza. Alcuni lettori hanno commentato attraverso la posta elettronica: “Se avessi avuto la possibilità di leggere o ascoltare lezioni di filosofia come gli articoli pubblicati dal vostro giornale, la filosofia l’avrei amata!”.



A cura di Giancarla Perotti

RUBRICA
Sì, esistono anche le filosofe! E Simone Weil è stata una filosofa mistica, e attivista francese. Il suo pensiero è ampio e complesso. Weil nasce a Parigi, il 3 febbraio nel 1909 da una famiglia di origini ebraiche: il padre Bernard Weil era medico, mentre la madre Selma Reinherz, nata in Russia e cresciuta in Belgio era un’importante donna di affari. Ella vuole per i figli un’educazione di ampio respiro, libera, totalmente agnostica. Suo fratello André, nato nel 1906, diverrà uno dei grandi matematici francese del Novecento, noto soprattutto per il suo lavoro nella teoria dei numeri e nella geometria algebrica. La precoce intelligenza di André fa nutrire a Simone, oltre all’ammirazione per il fratello, anche un po’ d’invidia, ma un’invidia di apprezzamento di chi vuole qualcosa che non ha, e non può accedere a quell’orizzonte di conoscenza che si chiude a chi si ferma al visibile. I maestri privati assunti dai genitori sono impressionati dall’intelligenza dei due, in particolare del figlio maschio: “Non importa ciò che gli dico di questo e di quello: sembra che lui lo conosca già”.

Per Simone Weil, la ricerca della verità era al centro della sua filosofia e della sua vita. La sua concezione della verità era profondamente influenzata dalla sua fede mistica, dal suo impegno per la giustizia sociale e dalla sua critica del mondo moderno. “Ho seriamente pensato alla morte, a causa delle mie mediocri facoltà naturali. Le doti straordinarie di mio fratello […] mi obbligavano a rendermene conto. Non invidiavo i suoi successi esteriori, ma il non poter sperare di entrare in quel regno trascendente dove entrano solamente gli uomini di autentico valore, e dove abita la verità. Preferivo morire piuttosto che vivere senza di essa. Dopo mesi di tenebre interiori, ebbi d’improvviso e per sempre la certezza che qualsiasi essere umano, anche se le sue facoltà naturali sono pressoché nulle, penetra in questo regno della verità riservato al genio, purché desideri la verità e faccia un continuo sforzo d’attenzione per raggiungerla”.

Così scrive Simone Weil nella sua opera Attesa di Dio, la raccolta di scritti composti fra l’autunno del 1941 e la primavera del 1942.

Weil credeva che la verità fosse una realtà divina e che gli esseri umani dovessero cercare questa verità attraverso un’esperienza diretta con il divino. Per lei, la verità non poteva essere pienamente compresa attraverso il pensiero astratto, ma doveva essere sperimentata interiormente attraverso la contemplazione e la preghiera. Simone credeva che l'attenzione interiore e la riflessione intima fossero essenziali per comprendere la verità. Questa attenzione richiedeva uno sforzo cosciente per andare oltre le superfici delle cose e per comprendere la loro essenza e il loro significato più profondo. Per lei la verità e la giustizia erano strettamente collegate. Credeva che la verità dovesse essere alla base di qualsiasi lotta per la giustizia. Senza una comprensione elevata della verità, la lotta contro l'ingiustizia sarebbe stata vuota e inefficace. La filosofa era critica nei confronti del conformismo e della superficialità del mondo moderno. Credeva che molte persone non si sforzassero di cercare la verità in modo significativo. Questo atteggiamento la lacerava, e ha cercato di superarlo attraverso la sua ricerca della verità autentica. “Nondimeno ho ancora rifiutato a metà, non il mio amore, bensì la mia intelligenza. Perché mi appariva certo, e lo credo tutt’ora, che è lecito resistere a Dio se lo si fa per puro amore della verità. Il Cristo vuole che gli si preferisca la verità, perché prima di essere il Cristo è la verità. Se ci si distoglie da lui per volgersi alla verità, non si percorrerà molta strada senza cadere fra le sue braccia”. In sintesi, per Simone Weil, la verità non era solo un concetto filosofico astratto, ma una realtà viva e divina (una Persona), che richiedeva una ricerca speciale, una riflessione attenta e un impegno per la giustizia. La sua visione della verità è stata fortemente influenzata dalla sua spiritualità mistica e dalla sua passione per la giustizia sociale.

Weil credeva anche che la verità fosse strettamente legata alla compassione e all'amore per gli altri. La comprensione della verità porta all'empatia e alla solidarietà con gli altri esseri umani, e può ispirare azioni che cercano di alleviare il dolore e l'ingiustizia nel mondo. La filosofa ha sottolineato l’importanza dell’amore e della compassione come forze trasformatrici della società. Credeva fermamente che l’amore fosse la forza più potente del mondo e che la compassione dovesse essere estesa a tutte le persone, compresi i più deboli e gli emarginati.

Altra idea della pensatrice francese riguarda la necessità dell’attenzione: Weil ha enfatizzato l’importanza dell’attenzione nella vita quotidiana e nella comprensione degli altri. Ella ha sostenuto che l’attenzione, intesa come una consapevolezza intima e rispetto per gli altri, è fondamentale per la vita sociale e spirituale. Era critica nei confronti della società moderna, soprattutto del materialismo e del consumismo. Credeva che l’ossessione per il possesso e il desiderio di cose materiali avesse un impatto negativo sull’anima umana. È stata sempre schierata a favore dei diritti umani e della giustizia sociale. Oltre a partecipare attivamente a movimenti politici e sociali ha scritto extensively sulla disuguaglianza e sull'ingiustizia sociale. Il suo pensiero, influenzato dalle sue esperienze mistiche e dalla sua ricerca spirituale, ha orientato anche la teologia attraverso la sua interpretazione della teologia negativa, un approccio che cerca di descrivere Dio attraverso ciò che Dio non è, piuttosto che attraverso ciò che è. Simone in tutta la sua vita ha lottato contro l'oppressione in tutte le sue forme, inclusi il colonialismo e il nazismo. La sua esperienza personale e la sua profonda empatia per gli oppressi l'hanno spinta a lottare contro l'ingiustizia ovunque la intravvedesse.

La vita di Simone Weil è contraddistinta dalla debolezza del suo fisico, che ha accusato gravi disturbi di salute: pertosse, sinusite cronica, emicranie pesanti che l’accompagneranno sino alla morte avvenuta il 24 agosto 1943, nel sanatorio di Ashford, vicino Londra, per una tubercolosi. E per una sorta di rovesciamento empatico ha sempre manifestato quell’ossessione per la malattia altrui, e per il dolore altrui, che è stato al centro della riflessione di Simone Weil.

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