Il narcisista in Diario del seduttore di Kierkegaard



A cura di Giancarla Perotti

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“Talvolta era così spirituale che io, come donna, mi sentivo annientata. Altre volte invece era così selvaggio e appassionato, così pieno di desiderio, che io quasi tremavo davanti a lui. Talvolta mi trattava come un’estranea, talvolta si abbandonava a me completamente: quando lo stringevo tra le mie braccia, tutto cambiava, e io «abbracciavo le nuvole»”.
Diario di un Seduttore di Soren Kierkegaard

Ci sono diversi modi per conoscere e approfondire il tema del narcisismo che oggi, nella nostra epoca post-moderna va molto di moda. Un modo particolarmente interessante ci viene dato dal Diario del seduttore di Søren kierkegaard che è un libro pubblicato nel 1843. In realtà kierkegard aveva già scritto qualcosa su un tipo di narcisismo, quello sensuale, commentando in un’altra sua opera Aut-Aut il don Giovanni di Mozart.

Nel seduttore confluiscono il tema dominante ed estetico dell’amore attraverso il piacere e la figura del gaudente e dell’esteta tipicamente maschili. Il nucleo di quest’opera è la seduzione intellettuale che è un classico della letteratura europea. Ma qual è la differenza con l’altro tipo di seduzione, quella sensuale, che appunto si rifà a quella del don Giovanni di Mozart? Mentre il don Giovanni Mozartiano è sempre a caccia di qualche gonnella, il romantico seduttore del Diario è una natura contemplativa e riflessiva sempre a caccia di esperimenti psicologici. Se per il seduttore sensuale il piacere culmina nel possesso, il seduttore intellettuale è più complesso perché è dotato di una sua particolare sensibilità, vive di calcoli raffinati che distilla e concentra nel possesso il piacere riducendo la donna amante a vittima e strumento. Non interessa solo possedere la donna, quanto goderne esteticamente il cedimento e l’abbandono. L’arte consiste nell’incatenarla con le doti dello spirito, con il magistero della parola, portandola a un punto di turbamento in cui essa smarrisce il proprio equilibrio ed è pronta a qualsiasi sacrificio. Il seduttore Kierkaardiano è affetto di una exacerbatio cerebri, “per cui la realtà non riusciva a servirgli d'incitamento se non sporadicamente e a tratti. Non si sottraeva alla realtà: non era, infatti, troppo debole per sopportarla, anzi era troppo forte. Ma questa sua forza in fondo non era che malattia. Non appena la realtà aveva perduta ogni forza d'incitamento, egli si trovava disarmato: donde il suo male. Ed egli ne era consapevole nell'attimo stesso dell'incitamento, e appunto in questa consapevolezza consisteva il male".

Il Diario del seduttore ci fa vedere in maniera psicologica, in maniera profonda quanto l’elemento della seduzione possa arrivare in profondità, possa intercettare l’animo gentile della donna per poi utilizzarla in una maniera veramente devastante. Nel Diario del seduttore abbiamo proprio la storia di un seduttore diabolico, scaltro (Giovanni) che, facendo appello ad ogni arte, porta allo smarrimento e al disordine una innocente ragazza diciasettenne (Cordelia). Per questo tipo di seduttore la donna è l’oggetto di una strategia erotica studiata e prevista nei minimi particolari. In questo giocare e speculare sulla passione della donna, variando la propria tattica erotica, cioè alternando slanci e freddezze, si rivela un egoismo raffinato che desidera trarre per sé il massimo piacere con il minimo sacrificio. Il seduttore di Kierkegaard utilizza un’arma fatale che nega l’essenza stessa della donna: l’arma dello spirito. Esistono anche altre maniere per conquistare la donna: la bellezza, i modi simpatici, ma in questo caso la vittoria non è mai completa perché si combatte la donna con le sue stesse armi “e allora essa è sempre la più forte”. Invece la visione intellettualistica di Kierkegaard, carica di spunti sottilmente antifemministici, sconvolge l’universo femminile.

“Giovanni, non ti chiamo mio, intendo bene che mai tu lo sei stato, e se una volta illusi l’anima mia con un simile pensiero, ora crudelmente son punita. Eppure ti chiamo mio: mio seduttore, mio impostore, mio nemico, mio assassino, fonte della mia sventura, tomba della mia letizia, baratro della mia infelicità. Io ti chiamo mio e mi dico tua, eh se queste parole lusingarono una volta il tuo orgoglio prostrato nella mia adorazione, suonino oggi come una manifestazione contro di te una maledizione per tutta l’eternità”.

Leggendo quest’opera filosofica non facciamo fatica a trovare alcune comuni caratteristiche del narcisista intellettuale dei nostri tempi: l’incertezza, la noia, la scissione tra desiderio fisico e freddezza intellettuale, l’accendersi del desiderio nell’abbandono e il suo spegnersi nell’appagamento. Ne segue che il seduttore/narcisista è incapace di amare in modo autentico ed è palese la persistenza tra uomo e donna di un rapporto amore/odio. Il tema del narcisismo quindi è un tema antico che vede nella letteratura una sua interessantissima rappresentazione, questo è un testo che anche se di secoli fa è ancora di un’estrema attualità e di uno psichismo profondo che ci racconta tutta una serie di aspetti in apparenza inconoscibili ma che Kierkegaard accompagnandoci in questa lettura ci fa vedere da vicino.

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