Una lettera aperta per chiedere ulteriori approfondimenti sulla tragica scomparsa del figlio Giovanni
di Simone Corradetti
PRATO
L’avvocato Carlo Iannelli, papà del corridore pratese Giovanni Iannelli, tragicamente deceduto dopo la gara ciclistica dilettantistica del 5 ottobre 2019 a Molino dei Torti (Alessandria), non ha mai smesso di chiedere verità e giustizia sull’accaduto, e questa volta lo fa rivolgendosi direttamente con una lettera aperta al neo guardasigilli Carlo Nordio del governo Meloni.
<<Illustrissimo Ministro della Giustizia, dottor Carlo Nordio, facendo seguito alle mie precedenti, Le rimetto in allegato l’ennesimo errore, che sarebbe stato commesso da un magistrato del tribunale penale di Alessandria, nei confronti di un ragazzo innocente di 22 anni, sulla sua famiglia, e su un’intera comunità di persone. Orbene, poiché secondo quanto scrive quel magistrato nella sua ordinanza, parrebbe che il sottoscritto, nonostante sia il padre del defunto Giovanni Iannelli, non sia legittimato attivo a proporre l’opposizione all’archiviazione, in quanto non sarebbe persona offesa dal reato, che sarebbe invece l’amministrazione della giustizia, Le chiedo volersi immediatamente attivare con i Suoi uffici per esperire tutte le azioni previste. Le chiedo se intende disporre un’indagine ispettiva ministeriale nei confronti della Procura della Repubblica di Alessandria, poiché la vicenda giudiziaria relativa alla morte di mio figlio Giovanni, che Le ho già in parte rappresentato nella mia raccomandata con avviso di ritorno, da Lei ricevuta il 23 novembre 2022, presenterebbe molti aspetti oscuri e inquietanti che meriterebbero di essere eventualmente approfonditi. Le chiedo in ultimo di volermi cortesemente convocare personalmente presso il Suo ufficio. La ringrazio dal profondo del cuore e, in attesa di riscontro, Le porgo i miei migliori saluti>>. Carlo Iannelli
Una lettera colma di dolore, scritta da un padre di famiglia che ammirava con tutto sé stesso il proseguimento di quella che sarebbe stata una bella carriera per il figlio Giovanni nel mondo del ciclismo. Purtroppo quel maledetto 5 ottobre di tre anni fa, il 22enne si trovava in sella alla sua bicicletta da corsa a Molino dei Torti. Un circuito pianeggiante per velocisti di circa 6 chilometri da ripetere per 19 volte. Sul tratto finale di via Roma, la carreggiata era piena di insidie stradali con segnali verticali, cestini per l’immondizia, angoli acuti delle abitazioni e senza marciapiede. A 144 metri dal traguardo, durante la volata finale a ranghi compatti, sul lato sinistro della medesima strada, Giovanni finisce prima con il pedale della bicicletta sulla prima colonna sporgente di una civile abitazione, per poi battere violentemente la testa sulla seconda, perdendo immediatamente coscienza. Viene trasportato in eliambulanza e operato d’urgenza all’ospedale di Alessandria, ma per il ciclista non c’è più nulla da fare. La sua vita, i suoi sogni si spengono definitivamente due giorni dopo dal tremendo impatto (7 ottobre). Questa triste vicenda dovrebbe anche servire al mondo dello sport sulle misure di sicurezza che andrebbero adottate ad ogni competizione sportiva per tutelare gli atleti, ma soprattutto gli spettatori. In quella giornata del 2019, il luogo esatto dell’incidente mortale era sprovvisto di transenne, materassi o altri dispositivi di protezione che avrebbero potuto salvargli la vita.
© Riproduzione riservata - L'Alba