L'associazione territoriale di Ascoli: "Insufficienti gli indennizzi alle imprese, a rischio un modello che funziona"



Redazione

ASCOLI PICENO
Le novità sulle concessioni balneari disposte dal Consiglio dei ministri non soddisfano appieno le richieste della Cna picena, ormai da anni impegnata in prima linea su un tema che tiene in scacco le piccole imprese locali del settore turistico.

Se da un lato, infatti, l’associazione accoglie la continuità delle concessioni in essere fino al termine della stagione estiva 2027, dall’altro sono i criteri previsti per il nuovo assetto a non tutelare a sufficienza gli attuali operatori del settore, composto perlopiù da piccole realtà imprenditoriali a conduzione familiare.

L’attenzione riservata al tema da parte di Cna, a livello nazionale e locale, ha permesso alla categoria di ottenere una serie di risultati significativi. L’associazione apprezza, in particolare, il riconoscimento della capacità tecnico-professionale dei partecipanti alle future gare, la valorizzazione di quanti hanno ricavato la parte prevalente del proprio reddito dall’attività balneare, l’impegno ad assumere i dipendenti in un eventuale passaggio di concessione e la determinazione di un numero massimo di concessioni in capo allo stesso offerente.

Tuttavia, per risultare in linea con le esigenze delle imprese, il decreto necessita di alcuni accorgimenti relativi agli indennizzi per gli attuali concessionari di spiaggia. Allo stato attuale è prevista solo la remunerazione degli investimenti ancora da ammortizzare, senza alcuna compensazione per gli investimenti effettuati nel corso degli anni, al di là di un riconoscimento valido solo per l’ultimo quinquennio.

«Non possiamo nascondere una certa preoccupazione per le sorti degli operatori del settore, che nel giro di qualche anno rischiano di perdere l’attività sulla quale, in alcuni casi da generazioni, hanno investito tempo e risorse - commenta il direttore della Cna di Ascoli Francesco Balloni -. Rimettere in discussione un modello turistico che funziona, anziché ampliare il ventaglio delle concessioni a beneficio di nuovi investitori a fronte di una risorsa costiera ancora disponibile al 67% sul territorio nazionale, è indubbiamente un rischio per un territorio che fa del turismo un valore aggiunto del tessuto economico locale».

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