Parte la nuova rubrica "Esercitare il pensiero" condotta dalla Professoressa Giancarla Perotti

Dialogo e persona

Il fine di questa rubrica è quello di esercitare il pensiero per comprendere il mondo e coinvolgere le persone nei discorsi filosofici, mettendo in movimento il loro spirito critico. Questo duplice processo non può che svolgersi all’interno di un dialogo autentico, incessante che incentivi la ricerca di nuovi modi di “fare” filosofia, di nuovi spazi in cui costruire l’incontro e da cui far emergere un approccio critico adeguato a rispondere alle sfide della complessità contemporanea.

Indagheremo la categoria dialogo, processo oramai in disuso nella sua accezione e sostituito spesso da monologhi.

Il dialogo è dimensione costitutiva della persona che è predisposta naturellement alla relazione, e, tra le diverse forme di relazione, il dialogo rappresenta la modalità relazionale per eccellenza, perché è relazione squisitamente umana, che coinvolge l’intera persona, e nei molteplici livelli in cui la persona si esprime.

Quindi quella dialogica è una modalità strutturale, la cui validità è tuttavia legata alla struttura della persona a prescindere. Pertanto, la dialogicità non è un opzional che si sovrappone o addirittura si contrappone a quello che sarebbe il vero carattere della persona, cioè la sua dimensione individuale: questa, invece, rappresenta una faccia della medaglia, l’altra è, appunto, la relazionalità, che trova la sua espressione più elevata nella capacità dialogica.

Spesso si considera il dialogo uno stratagemma per meglio affermarsi o per far breccia nelle difese altrui, invece deve essere considerato come un vero e proprio stile, che al meglio esprime la persona; stile come un modo di essere, di pensare e di agire, un modo di relazionarsi abituale, un comportamento non abitudinario, ovvero meccanico, ripetitivo, ma consapevole e frutto sempre di una scelta, che si traduce in una continua e rinnovata disponibilità ad aprirsi agli altri e ad interagire con gli altri secondo una logica che non è quella del con-vincere, bensì del per-suadere. Il che appare del tutto conseguente con lo statuto della persona, la quale è caratterizzata da una dimensione trascendentale, che è la sua dignità, cioè essere sempre fine e mai puro mezzo; è una dignità (non bisogna dimenticarlo) che si incarna nella concretezza delle persone, vale a dire nel loro essere diverse e dialogiche, nel senso che sono nello stesso tempo configurate in modo individuale (cioè originale e irripetibile) e relazionale (cioè comunicazionale e collaborativo); tutto ciò si accompagna alla disponibilità, intesa come apertura della persona al trascendimento e alla trascendenza. Quindi, per distinguere tra forme autentiche e forme inautentiche di dialogo, occorre commisurare il dialogo alla persona, e dialogo autentico sarà quello che rispetta la dignità della persona, la sua specificità, la sua relazionalità e la sua apertura; in altri termini c’è dialogo autentico se il dialogo favorisce la crescita in termini di unità, unicità, unitarietà, e universalità della persona, se ne incrementa le potenzialità critiche e creative, se ne potenzia i valori comunitari: dai diritti di libertà e di uguaglianza, ai doveri di solidarietà ed equità; insomma, il vero dialogo è quello rispettoso di tutto l’uomo e di tutti gli uomini, rispettoso di ogni aspetto della personalità e di ogni stagione della vita.

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